27 febbraio 2011

PROSPETTIVE DEL CALCESTRUZZO

Nella storia del moderno calcestruzzo, quello cioè iniziato con l’avvento del cemento Portland, sono state individuate tre pietre miliari che hanno caratterizzato il progresso di questo materiale che qualcuno potrebbe forse considerare “maturo”, nel senso che non si intravvedono nuove prospettive di progresso nel futuro.

La prima pietra miliare, del 1906, è la Legge di Duff Abrams espressa matematicamente con l’espressione R = K1 /K2a/c dove R è la resistenza meccanica a compressione, K1 e K2 sono due costanti che dipendono dal tempo a cui si misura la resistenza meccanica, dalla temperatura di stagionatura, dal tipo di cemento e dalla forma del provino. Insomma più di un secolo fa, Abrams aveva previsto, con una sintetica equazione, ciò che noi oggi applichiamo ogni giorno schiacciando cubetti maturati a 20 °C per 1-3-7-28 giorni.

La seconda pietra miliare è la Legge di Jean Bolomey che nel 1907 stabilì la legge per il proporzionamento del calcestruzzo ponendo l’accento sulla combinazione degli aggregati con l’equazione che porta il suo nome e che stabilisce: P = A + (100 –A) • (d/Dmax)1/2 dove P è il passante del cemento e dell’inerte al vaglio di diametro d, Dmax è il diametro massimo dell’aggregato, ed A è un coefficiente che varia tra 8 e 14 a seconda della lavorabilità e del tipo di aggregato alluvionale o frantumato.

Un altro fondamentale contributo al progresso di questo materiale lo si deve all’invenzione degli additivi superfluidificanti, in forma di polinaftalensolfonati (PNS) o polimelamminsolfonati (PMS) scoperti rispettivamente da Kenichi Hattori e da Alois Aignesberger, che hanno rivoluzionato la tecnologia applicativa del calcestruzzo, sia nell’applicazione allo stato fresco fino ad arrivare all’SCC (Self Compacting Concrete), sia allo stato indurito migliorando tutte – nessuna esclusa - le prestazioni in termini di resistenza meccanica, di durabilità, di stabilità dimensionale, ecc. In questo progresso degli additivi superfluidificanti abbiamo già assistito, nel giro di uno-due decenni ad uno stravolgente miglioramento di questi prodotti con l’avvento degli additivi policarbossilici (PCC) per la forte riduzione nella perdita di lavorabilità e per il significativo aumento nella riduzione dell’acqua di impasto.
Insomma, questo materiale è tutt’altro che maturo e già si intravvedono le prospettive di progresso in questo settore: l’impiego delle fibre per migliorare la tenacità e la duttilità del calcestruzzo; il riutilizzo di rifiuti non pericolosi come le sabbie di fonderia per rendere sempre più sostenibile; la prospettiva di inertizzare i rifiuti nucleari; l’impiego delle nanotecnologie per monitorare lo stato di salute delle strutture. (vedi articoli su ENCO).

L’impiego delle nanotecnologie per affrontare la Scienza e la Tecnologia del calcestruzzo è tutt’altro che recente, viene da lontano e si diparte oggi attraverso numerosi canali.
Già verso gli anni ’50 del secolo scorso, Powers, Feldman e Brunauer affrontarono lo studio delle micro - e nano - particelle di cemento idratato con l’ausilio dell’adsorbimento di gas (azoto o vapor acqueo) senza poterle vedere non disponendo ancora della microscopia elettronica a scansione.
Oggi i chimici, che sintetizzano nuovi polimeri per gli additivi superfluidificanti, progettano macromolecole, capaci di attaccarsi o staccarsi al punto ed al momento giusto dalle nano-particelle di cemento idratato, in funzione della loro applicazione: nel settore del calcestruzzo preconfezionato nei climi più disparati o in quello del calcestruzzo prefabbricato con e senza trattamento a vapore.

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